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IL Muro di San Calisto
« Mi affascina il passato. Odio la modernità. Odio la comodità del futuro.
Come motorino ho un si. Come macchina ho una rover del 93.
Abito spesso vestiti usati. Cerco e amo il passato. La questione non è solo materiale, nel senso non solo mi faccio trasportare nel passato dagli oggetti. L’umanità con cui si affrontava la vita, verace, l’imprevedibilità della bellezza. L’avvento dei social che elimina i rapporti umani, o almeno quelli nuovi, li rende schematici, privi di colori, tutti uguali. Incontrare una ragazza per strada, fermarla, avere una manciata di secondi per poterla impressionare, queste dinamiche stanno scomparendo. La noia sta scomparendo, siamo sempre bombardati da informazioni proiettate da display, un horror pleni tremendo che non ci permette di scandire e riflettere su nulla. Non riusciamo più a stare fermi, a guardare il mare o il cielo. La facilità con cui possiamo avere delle informazioni non ci permette di fermarle nella nostra esperienza, non vi permette di assorbirle nella nostra persona, un po’ come quando si sono inventati i primi navigatori che ci hanno fatto dimenticare le strade.
La vita passata mi affascina di più. Mi sembra molto più romantica, molto più viva. Con tutto che c’era tanta merda. Un mondo più pericoloso se vogliamo. Ma tra un mondo apatizzato e più sicuro e un mondo vero, dove l’umanità è al centro dei rapporti, dove la giustizia ha ancora purtroppo delle falle, io scelgo il secondo.
Roma sta cambiando. Roma ha già perso i romani che ormai si trovano giusto nelle periferie.
Il centro i Roma è uno spettacolare non luogo, il più bello del mondo.
A Trastevere c è un bar, che a modo suo resiste, che a modo suo è ancorato al passato.
Un bar dove le persone ancora si conoscono. Un bar dove vicino a te può sedersi uno spacciatore, un avvocato o un artista. Prendo questo bar come esempio, come manifesto della mia lotta contro la modernità.
Bisogna parlare d’amore, bisogna sentirsi piccoli.»
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